VARIOUS :  BELLINA CHE TE PIACE L'ALLEGRIA  (ETHNICA)

Bellina che te piace l'allegria presenta un lavoro di ricerca etnomusicale nelle Marche, compiuto a più riprese tra il 1979 e il 2008. In un arco di tempo così lungo è stato possibile documentare anche l'evoluzione e soprattutto la dispersione del repertorio e di alcune tecniche esecutive canore e strumentali. La valle del Chienti taglia orizzontalmente in due la regione; la media valle dal territorio collinare era un tempo dedita prevalentemente all'agricoltura, mentre oggi prevale la piccola e media industria. Nei centri di Petriolo e Corridonia, si conservano tracce di un ampio repertorio di canti legati al mondo agrario, che segnavano, fino ad alcuni decenni fa, con particolari arie melodiche e ritmiche tutte le varie fasi del lavoro della terra (aratura, potatura, fienagione, mietitura), di altri lavori (canti a veroccio, cioè canto dei carrettieri) e le occasioni della vita sociale del paese: le questue della Pasquella (alla vigilia dell'Epifania) e della Passione (durante la Quaresima). Il canto e la musica si compenetravano con la vita quotidiana e festiva, e la colorivano di suoni appropriati secondo il tempo, le funzioni e le situazioni. Il metro ritmico-poetico più usato è senz'altro l'endecasillabo, com'è tipico della gran parte della produzione canora dell'Italia centro-meridionale; il primato dell'endecasillabo permetteva di rendere polifunzionali i testi, per cui gli stessi potevano essere piegati nelle varie melodie codificate dalla comunità e servire, secondo i casi, ad accompagnare il ballo, a trasformarsi in canti di lavoro o di serenata, mentre altri canti erano legati ad una ricorrenza specifica, come quelli religiosi o questuali. La serenata, andata gradualmente in disuso, poteva essere d'amore o a dispetto: nel primo caso si cantavano stornelli gentili di rispetto e di omaggio alla donna, nel secondo caso l'uomo rifiutato offendeva con metafore allusive la donna, non senza creare contrasti tra famiglie. Ma gli stornelli a contrasto fra uomo e donna, o fra persone dello stesso sesso erano anche occasione di gioco e di abilità compositiva nei momenti comunitari di ristoro o di lavoro. Particolare fra Marche ed Umbria è il canto polifonico detto a batoccu (da 'batacchio' della campana, cioè a voci ribattute): si tratta di una polifonia antica a discanto con possibilità per le voci di procedere, dopo un incipit monodico, su intervalli diversi. La festa in quest'area della regione era anche caratterizzata dalla pratica di pochi balli, ma molto sentiti dalle comunità. Su tutti emergeva il saltarello. Tipica famiglia etnocoreutica dell'Italia centrale (Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio e Molise), lu sardarellu nel Maceratese si presenta sempre con ritmo vivace ed è eseguito da diversi decenni quasi sempre dall'organetto.
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BELLINA CHE TE PIACE L'ALLEGRIA
ETHNICA - CD: ETHNICA 31
"Bellina che te piace l'allegria" presenta un lavoro di ricerca etnomusicale nelle Marche, compiuto a più riprese tra il 1979 e il 2008. In un arco di tempo così lungo è stato possibile documentare anche l'evoluzione e soprattutto la dispersione del repertorio e di alcune tecniche esecutive canore e strumentali. La valle del Chienti taglia orizzontalmente in due la regione; la media valle dal territorio collinare era un tempo dedita prevalentemente all'agricoltura, mentre oggi prevale la piccola e media industria. Nei centri di Petriolo e Corridonia, si conservano tracce di un ampio repertorio di canti legati al mondo agrario, che segnavano, fino ad alcuni decenni fa, con particolari arie melodiche e ritmiche tutte le varie fasi del lavoro della terra (aratura, potatura, fienagione, mietitura), di altri lavori (canti a veroccio, cioè canto dei carrettieri) e le occasioni della vita sociale del paese: le questue della Pasquella (alla vigilia dell'Epifania) e della Passione (durante la Quaresima). Il canto e la musica si compenetravano con la vita quotidiana e festiva, e la colorivano di suoni appropriati secondo il tempo, le funzioni e le situazioni. Il metro ritmico-poetico più usato è senz'altro l'endecasillabo, com'è tipico della gran parte della produzione canora dell'Italia centro-meridionale; il primato dell'endecasillabo permetteva di rendere polifunzionali i testi, per cui gli stessi potevano essere piegati nelle varie melodie codificate dalla comunità e servire, secondo i casi, ad accompagnare il ballo, a trasformarsi in canti di lavoro o di serenata, mentre altri canti erano legati ad una ricorrenza specifica, come quelli religiosi o questuali. La serenata, andata gradualmente in disuso, poteva essere d'amore o a dispetto: nel primo caso si cantavano stornelli gentili di rispetto e di omaggio alla donna, nel secondo caso l'uomo rifiutato offendeva con metafore allusive la donna, non senza creare contrasti tra famiglie. Ma gli stornelli a contrasto fra uomo e donna, o fra persone dello stesso sesso erano anche occasione di gioco e di abilità compositiva nei momenti comunitari di ristoro o di lavoro. Particolare fra Marche ed Umbria è il canto polifonico detto a batoccu (da 'batacchio' della campana, cioè a voci ribattute): si tratta di una polifonia antica a discanto con possibilità per le voci di procedere, dopo un incipit monodico, su intervalli diversi. La festa in quest'area della regione era anche caratterizzata dalla pratica di pochi balli, ma molto sentiti dalle comunità. Su tutti emergeva il saltarello. Tipica famiglia etnocoreutica dell'Italia centrale (Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio e Molise), lu sardarellu nel Maceratese si presenta sempre con ritmo vivace ed è eseguito da diversi decenni quasi sempre dall'organetto.
anche disponibiliemissione del 15 Febbraio 2009